International Movement "We Are Church" (IMWAC)

Associazione italiana "Noi Siamo Chiesa" (NSC)

Casella Postale 244 Acilia, 00125 Roma Sito Internet: www.we-are-church.org/it Tel: 06-56.47.06.68

"NOI SIAMO CHIESA"

E LA BOZZA DI CHARTA OECUMENICA

L'Associazione italiana "Noi Siamo Chiesa" (Nsc), sezione dell'International Movement "We Are Church" (Imwac), ha accolto con grande interesse la proposta di Charta oecumenica preparata nel 1999 da un apposito Comitato misto della Conferenza delle Chiese Europee (Kek) e del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee (Ccee), così come l'invito, rivolto a tutte le Chiese del continente, a "studiare questa bozza in vista di una sua ulteriore revisione" e a "inviare le proprie osservazioni entro il 1 settembre 2000". "Noi Siamo Chiesa" apprezza lo spirito, la struttura, i contenuti e il metodo di elaborazione di questo documento, destinato a contenere "i diritti e i doveri ecumenici fondamentali" e a far progredire un processo di unità dei cristiani di cui essa si sente da sempre parte. L'Imwac infatti, pur collocandosi all'interno della Chiesa cattolica quale movimento di riforma secondo i contenuti dell'Appello dal popolo di Dio lanciato nel 1996, ha fin dalla sua nascita coltivato il sogno di un "Concilio autenticamente universale in cui tutte le confessioni cristiane si comportino da uguali nella ricerca della pace e dell'amicizia tra di loro, in dialogo e rispetto con le altre religioni e al servizio del mondo". Tappe significative in vista di questo agognato e urgente appuntamento sono senza dubbio state le Assemblee ecumeniche europee di Basilea e Graz, così come, siamo certi, sarà l'incontro previsto per l'aprile del 2001 probabilmente a Strasburgo, in cui speriamo venga firmato il testo definitivo della Charta oecumenica. Anche l'Associazione italiana "Noi Siamo Chiesa", condividendo pienamente l'intento di sollecitare la corresponsabilità di tutti i battezzati nella stesura di questo documento, è lieta di presentare proprie osservazioni ed emendamenti alla bozza. Grazie a voi del Ccee e della Kek per il vostro prezioso lavoro.

 

OSSERVAZIONI ED EMENDAMENTI

Introduzione

Il testo risulta nel complesso ben articolato e completo. Tuttavia si dovrebbe esplicitare e fondare meglio il fatto che, come afferma la "Attestazione ufficiale comune" annessa alla "Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione" siglata il 31 ottobre 1999 ad Augusta da cattolici e luterani, l'obiettivo del dialogo ecumenico è il raggiungimento della "piena comunione ecclesiale, un'unità nella diversità nella quale le differenze che permangono sarebbero 'riconciliate' e non avrebbero più la forza di dividere". Inoltre andrebbe rilevato come la divisione tra i cristiani sia uno scandalo, ma anche, per la misteriosa azione di Dio, la fonte della ricchezza delle diverse tradizioni cristiane.

Emendamento n.1: Togliere "nella diversità delle nostre espressioni di fede" dal periodo "Siamo coscienti... è l'autore", dopo il quale aggiungere: "La piena comunione ecclesiale non implica l'uniformazione delle espressioni di fede, ma la riconciliazione delle loro diversità, nella consapevolezza che il mistero di Dio va al di là della possibilità di qualunque persona o Chiesa di conoscerlo compiutamente e la pluralità di visioni e vissuti credenti arricchisce la nostra immagine del Dio trinitario".

Em. n.2: Dopo "... incomprensione e amarezza del mondo", aggiungere: "Tuttavia il Padre, con la creatività della sua sapienza, ha tratto un bene dal nostro peccato, rendendo la diversità delle tradizioni cristiane fonte anche di molteplice ricchezza spirituale".

I. Dio stesso ci chiama all'unità

Il paragrafo è ben formulato ed essenziale. Tuttavia, anche se resta inappagato l'anelito, diffuso e forte tra i cristiani di tutte le confessioni, a poter condividere la mensa del Signore, almeno nelle forme dell'ospitalità eucaristica, si dovrebbe estendere l'impegno a rendere visibile l'unità nell'unica fede anche al di là della preghiera comune.

Em. n.3: Dopo "... per la forza dello Spirito Santo" aggiungere: "e facendo insieme tutto ciò che è possibile fare insieme".

II. Sul cammino della comunione visibile in Europa

2. Andare incontro gli uni agli altri

Anche qui il testo dovrebbe riconoscere l'ambivalenza delle divisioni tra i cristiani, rottura della comunione dell'unica Chiesa di Cristo, ma anche punto di partenza dello sviluppo della ricchezza spirituale e teologica rappresentata dalle diverse tradizioni cristiane. Inoltre si dovrebbero individuare percorsi più concreti e avanzati di coinvolgimento reciproco e cammino comune, sforzandosi di evitare, per esempio, campagne concorrenti o separate su temi sociali - come il debito estero - su cui esiste una sostanziale convergenza di posizioni e condivisione di obiettivi.

Em. n.4: Dopo "... diffuse in tutto il mondo", aggiungere: "Dio ha però saputo rendere tale divisione anche fonte di ricchezza nello sviluppo di diverse tradizioni cristiane" e nel periodo successivo sostituire "che ne è derivata è stata però arginata" con "che è derivata dagli scismi è stata arginata".

Em. n.5: Come quinto impegno inserire: "ad assumere lo stile per cui le singole Chiese, nel definire la propria posizione sui problemi nuovi che ogni giorno esigono da loro un discernimento soprattutto in campo etico, conoscano e valorizzino il giudizio e l'esperienza delle altre confessioni e, se possibile, sviluppino la riflessione insieme".

Em. n.6: Come sesto impegno inserire: "a promuovere iniziative congiunte soprattutto nei campi dell'evangelizzazione e della promozione umana".

3. La preghiera comune è il cuore dell'ecumenismo

Il documento potrebbe qui impegnare le Chiese anche a usare nella preghiera il frutto del lavoro ecumenico e i testi delle diverse tradizioni.

Em. n.7: Come quarto impegno inserire: "a utilizzare le preghiere comuni e i testi scritturistici nella versione interconfessionale, a valorizzare orazioni e canti di altre confessioni, a tener conto della sensibilità delle altre Chiese nella liturgia, nelle invocazioni e negli inni".

4. La testimonianza comune della nostra fede

Questo paragrafo introduce una distinzione tra "comunità ecclesiali" e "sette" estremamente problematica da definire. Il termine "setta" ha assunto una connotazione negativa così schiacciante da renderlo poco utilizzabile a fini descrittivi e un tratto stigmatizzante così forte da farne un pesante ostacolo agli sbocchi imprevedibili del dialogo. "Setta" sono sempre gli altri, mentre lo spirito settario è presente in tutte le Chiese. Il ricorso a questo vocabolo andrebbe quindi evitato. Anche i concetti di "scristianizzazione" e "secolarizzazione" risultano controversi e facilmente equivocabili (al punto da richiedere, per esempio, di distinguere "secolarizzazione" e "secolarismo"), per cui non dovrebbero essere utilizzati in contesti in cui il loro significato non sia chiaro o addirittura possa suonare come un implicito rifiuto della modernità tout court e un nostalgico rimpianto della "cristianità". Inoltre le Chiese non dovrebbero semplicemente informarsi reciprocamente sulle proprie iniziative di evangelizzazione e missione, ma anche attuarne di comuni. Ugualmente non dovrebbero limitarsi a evitare il proselitismo, ma esprimere la fraternità tra Chiese sostenendo l'azione pastorale delle confessioni che nei singoli paesi siano di volta in volta "minoritarie".

Em. n.8: Cancellare il periodo "La chiara distinzione... fondamentale importanza".

Em. n.9: Dopo "evangelizzazione e missione" aggiungere: "e a realizzarne di ecumeniche".

Em n.10: Dopo il secondo impegno inserire: "ad attuare, come Chiese di volta in volta 'di maggioranza', un servizio di collegamento dei cristiani dispersi di altre confessioni con le comunità di appartenenza, sostenendo quelle 'di minoranza' nell'azione pastorale".

5. Non c'è alcuna alternativa al dialogo

Questo paragrafo contiene un impegno estremamente significativo: quello a continuare il dialogo nelle controversie. Esso dovrebbe tuttavia soffermarsi in maniera particolare non solo sulle questioni etiche, ma anche su quelle ecclesiologiche, a cominciare dal ruolo del ministero petrino, dato il peso oggi prevalente che esse hanno nel vincolare il riavvicinamento tra le Chiese.

Em. n.11: Dopo "... sulle questioni etiche" aggiungere: "ed ecclesiologiche".

III. Il servizio dell'ecumenismo per l'Europa

Molto importante è in questo paragrafo la volontà espressa di "agire insieme in ogni circostanza" in cui la differenza delle convinzioni non sia tale da impedirlo. Il fatto però che questa intenzione venga introdotta così esplicitamente solo nella III parte (negli impegni di II,2 c'è un più generico riferimento a "lavorare insieme quanto è possibile"), fa pensare che ciò possa avvenire solo nel servizio alla società, anche se si afferma che "questo vale a tutti i livelli della vita ecclesiale". Inoltre, dopo le assemblee di Basilea e Graz, non ci si dovrebbe limitare a manifestare la volontà di organizzare incontri ecumenici europei, ma potrebbe essere maturo il tempo per dare vita a un organo permanente di comunione e confronto tra le Chiese europee. Indubbiamente poi l'impegno nel dialogo ecumenico e nel riconoscimento della "unità nella diversità" tra le Chiese cristiane sarebbe reso più credibile dallo sforzo di ciascuna confessione per far convivere le differenze culturali, teologiche, pastorali e di opinione esistenti al proprio interno. Infine, visto il ruolo svolto dal fattore religioso nei conflitti armati in Europa (v. Ulster, ex Yugoslavia, ecc.), l'impegno per la pace assunto dal testo risulta troppo vago e poco specifico.

Em. n.12: Come terzo impegno inserire: "a creare un Consiglio Europeo delle Chiese, istanza permanente di comunione, dialogo e confronto tra le confessioni cristiane del continente".

Em. n.13: Come quinto impegno inserire: "a legittimare anche nelle singole Chiese il pluralismo su questioni non essenziali della fede e a creare spazi di discussione libera sulle materie oggetto di controversie teologiche e dottrinali".

Em. n.14: Dopo "... promuovere la pace" aggiungere: "esprimendo congiuntamente un radicale rifiuto della guerra come strumento di soluzione delle controversie tra i popoli e tra gli Stati, delegittimandone le presunte radici religiose e operando affinchè siano risolti i conflitti presenti in Europa che hanno tra le loro cause anche le divisioni tra le confessioni cristiane".

7. Dare un'anima all'Europa

In questo paragrafo trova eco una visione obsoleta di "contrapposizione tra Chiesa-Chiese e Stato" e l'impegno a "tutelare insieme le esigenze delle Chiese di fronte alle istituzioni secolari" suona un po' "corporativo". Per bilanciare e dare un tono meno unilaterale a queste affermazioni, le Chiese dovrebbero impegnarsi ad abdicare ai privilegi confessionali negli ambiti pubblici e a riconoscere il valore della loro laicità, intesa non come irrilevanza e quindi indifferenza dello Stato di fronte alla religione, ma come garanzia del rispetto della libertà in un'Europa sempre più multireligiosa e pluriculturale. Troppo blando appare poi l'impegno affinché il vecchio continente svolga un ruolo attivo nel superamento degli squilibri tra Nord e Sud del mondo.

Em. n.15: Come quarto impegno inserire: "a rinunciare ai privilegi confessionali negli ambiti pubblici e a riconoscerne come un valore la laicità, intesa come garanzia del rispetto della libertà religiosa in regime di pluralismo delle fedi e delle culture".

Em. n.16: Dopo "... dell'umanità intera, in particolare", sostituire "dei poveri... 'Terzo Mondo'" con: "operando, nel confronto con le istituzioni pubbliche e i poteri economici, affinché siano modificate le relazioni politiche, economiche e culturali coi paesi che chiamiamo 'Terzo Mondo', in vista del superamento della povertà che affligge gran parte delle loro popolazioni".

8. Riconciliare i popoli e le culture, custodire la creazione

Il testo utilizza qui un linguaggio sessista, che andrebbe mutato. Inoltre la credibilità dell'impegno delle Chiese per difendere i diritti umani e per bandire ogni forma di nazionalismo nelle società europee esige che esse si sforzino prima di tutto al proprio interno di salvaguardare i diritti e le libertà fondamentali della persona (per esempio, attraverso l'adozione di procedure trasparenti e garantiste di esame e superamento delle controversie teologiche, il ricorso a misure disciplinari solo in casi estremi di dissenso su materie non opinabili e dopo un approfondito e fraterno dialogo) e di contrastare spinte xenofobe.

Em. n.17: Sostituire "dignità di ogni uomo" con "dignità di ogni persona", e "diritti dell'uomo" con "diritti umani".

Em. n.18: Come secondo impegno inserire: "a salvaguardare i diritti e le libertà fondamentali della persona anche nelle nostre Chiese"

Em. n.19: Dopo "... altri popoli o delle minoranze" aggiungere: "in particolare contrastando le spinte xenofobe e scioviniste presenti nelle Chiese e delegittimandone le presunte radici religiose".

9. Coltivare le relazioni con le altre religioni

Questo paragrafo andrebbe meglio strutturato (magari dividendolo in due), da una parte per enfatizzare, anche negli impegni, la "comunione speciale che ci lega al popolo di Israele", dall'altra per dare adeguato rilievo alla necessità che la crescente presenza di musulmani in Europa sia rispettata, esorcizzando il ripetersi di conflitti da cui è percorsa la storia del nostro continente. Inoltre la credibilità dell'impegno delle Chiese a favore del dialogo interreligioso dipende dallo sforzo per contrastare i preconcetti negativi e gli stereotipi demonizzanti o banalizzanti presenti molto spesso al proprio interno, prima ancora che nelle società. Inoltre lo sforzo per creare relazioni positive con le altre religioni andrebbe reso più concreto e preciso.

Em. n.19: Come quarto impegno inserire: "a combattere i pregiudizi antiebraici e i luoghi comuni antislamici diffusi anche nelle Chiese cristiane".

Em. n.20: Come quinto impegno inserire: "ad accompagnare con simpatia le esperienze di spiritualità, vita monastica e azione sociale che si sforzano di intrecciare le diverse tradizioni religiose".

 

Roma, 15 luglio 2000




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